venerdì 30 ottobre 2015

ginger giada

Il ritratto, fotografico, è sempre un rapporto fra due persone. Lo avverti quando sei in frequenza con l'altro, il tuo modello. Accade se lo permetti, se lo ascolti, se lo rispetti senza presunzione. E non puoi fare il ritratto a qualcuno se non hai il coraggio di guardarlo negli occhi, non col filtro di un mirino: occhi con occhi.
Ho conosciuto Giada casualmente. Me ne aveva parlato la mia amica Tina e poi sempre casualmente la incrociamo in un locale. Lei si accomoda con noi ed è corrente che non raggiunge mai la foce. Pulsa di energia. Determinata che mi imbarazza: ha una tale chiarezza di idee che l'ascolti come assumendo un tonico per la mente. In mezzo a tutto questo, se sai e vuoi ascoltare, puoi intravedere nel suo essere profondo la dolcezza, il fragile.
Ho desiderato fotografarla prima ancora di incontrarla quel giorno. L'occasione ce la organizziamo. Fissiamo un giorno di fine maggio.  Lei si diverte in questa faccenda della fotografia, cosa non scontata, e si mette in gioco offrendoti opportunità, dialogo. Si lascia "dipingere" con la luce. In studio c'è molta luce naturale ma parto coi flash, voglio illuminarle il viso. Alcuni scatti di prova, per tarare luci ed esposizione. Poi la guardo, per cercare il mio ritratto - intendo me - e lei mi guarda, per cercare il suo. Forse.
Il ritratto è sempre un rapporto fra due persone. E ti devi fidare, da entrambe le parti.

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 © Nicola Petrara.

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