martedì 15 marzo 2011

march 11, 2011

La mattina del 6 aprile del 2009 ero in macchina e stavo andando a consegnare un lavoro ad una azienda. Avevo pressapoco 90 chilometri da fare ma me la godevo perché potevo ascoltare la radio di prima mattina. C'era un tono strano nella trasmissione, nei conduttori. Stavo facendo uno sforzo di memoria per recordarmi il nome della trattoria di quel paesino dove avevo mangiato bene più di un decennio addietro, dove non sarebbe stato male fermarmi a pranzo e godermela alla Montalbano

La Terra ha urlato e ha preso L'Aquila.

Nella successiva mezzora ho pensato seriamente di:
- chiamare il cliente e con una scusa annullare
- calcolare entro quante ore potevo raggiungere in macchina L'Aquila
- quali obiettivi potevano servirmi e tornare a prenderli
- dire o meno in giro che cazzo stavo pensando di fare

Alle undici ero di ritorno, l'autoradio esageratamente pompato per seguire ogni notiziario, un cliente soddisfatto, la valle d'Itria assolata.
E' stata la prima volta che ho dovuto resistere alla tentazione di voler documentare fotograficamente un dramma. La voglia di partire era sempre presente, anche nei giorni successivi, mi tratteneva solo quel buon senso richiamato dagli speaker a non raggiungere i luoghi colpiti se non per assoluta necessità.
La mia era solo una smania travestita da curiosità e spacciata per buone intenzioni. non è più ricapitato.
Qualche giorno dopo, su un mio vecchio blog, scrissi questo:

venerdì 10 aprile 2009
Foto ricordo
Deve essere per una sorta di deformazione professionale, ma mi viene da pensare alle fotografie. Stanno celebrando i funerali dei caduti del terremoto in Abruzzo. 
Ho legato la mia vita alle cose terrene, da sempre. Sono la testimonianza del mio esserci stato. Poi ho deciso di fare il fotografo, perché pensavo, penso, sia bello aiutare la memoria a ricordare, una memoria che sempre più spesso tende a dimenticare o a rimuovere. Il passaggio di un'esistenza racchiusa in un foglio di carta. Assurdo come diamo valore alle cose. 
Molto è andato distrutto nel terremoto; a ciò che è visibile, materiale, si aggiunge ciò che invisibile, il dolore. Pensavo alle foto allora...Cosa metteranno vicino alle lapide dei morti? Dove troveranno le foto? Quanti di quelli sopravvisuti, che hanno bisogno di un volto da guardare per reggersi, anche se di carta, troverranno conforto? 
Una volta, ai funerali di mia nonna, mio padre tirò fuori delle caramelle alla menta in un momento che mi sembrava fuori luogo. Un'azione banale che distolse l'attenzione di molti e alleggerì il clima di pianto. Non ho capito per molto tempo...
Una foto ricordo è come una caramella alla menta, o come un appiglio quando sei in mezzo alla tempesta: non sai per quanto tempo ti reggerà, ma ti avrà salvato per un attimo in più.

Penso molto al Giappone questi giorni, come molti. Pur non essendoci stato ne sono legato, attratto. E' nella wishlist dei viaggi, secondo dopo l'Australia.
Non ho replicato l'insana tendenza a voler partire per ovvie ragioni logistiche/economiche. Poi sono più vecchio di due anni, deve pur significare qualcosa.
Il tg manda a fine servizio le "spettacolari immagini" che arrivano dai luoghi colpiti. Sono tutte fotografie, scattate da reporter di professione.
Sto ancora pranzando mentre vanno in slide le macerie, i bimbi nascosti sotto i banchi, gli anziani nel loro dignitoso silenzio, il fango, gli estratti vivi, gli SOS di fortuna, e quella foto, sepolta per metà nella melma.

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