sabato 29 dicembre 2012

lannosabbatico

Se lo avessi deciso io, non lo avrei mai fatto, non ci sarei riuscito. Perché a stare fermo a prendermi pause non ne sono capace. Ci si è messa la vita allora, con il suo indiscutibile, efficace cinismo.
Il 2012 risulta essere davvero per me un anno sabbatico. Doveva finire il mondo qualche giorno fa: che delusione! la stupidità intendo, i maya invece hanno la mia ammirazione.
Torno a sedermi al monitor dopo tanto. Per scrivere.
Ho fatto ordine agli archivi nei giorni scorsi. Un quantità di file spropositata che sulle prime mi ha spiazzato, finendo poi col disturbarmi come disturba la troppa polvere accumulata. Ecco, in fotografia, ho accumulato polvere. Sarà che per formattare il mac ho dovuto aprire ogni cassetto al suo interno per controllare ed evitare inutili perdite, ma l'inutile ha superato le mie aspettative. Tuttavia ho fatto ordine, mentre sta per scadere quest' anno che mi ha mostrato quanto sia pigro, vulnerabile, emotivo, creatura, corazzato, spaventato, volubile, schivo, stupido, arrabbiato ma anche riconoscente, testardo, fantasioso, capace, paziente, forte. Capisco che così me la canto da solo…

Ok, riportiamo le lancette sullo zero e ripartiamo. Queste lunghe pause lontano da internet sono state utili. All'inizio ero spaventato, devo riconoscerlo. Temevo di perdermi o di perdere cose interessanti, percepire un mondo che avanza senza me che sto fermo non è piacevole come sensazione. Invece internet sta sempre lì, i suoi contenuti anche, semmai qualcosa in più da dire la avrei io ora; che possa piacere o meno, c'è una voglia nuova di comunicare in me, un voler essere diretto e schietto.
Poiché le cose logore e inutili me le voglio lasciare dietro, mi tolgo ora un sassolino dalla scarpa e non ne parlo più.
Nel mio caro paese che vuole vestirsi da città, ma resta sempre un paese, c'è una categoria di lavoratori che fa fatica a distinguere il lavoro da artigiano da quello commerciale, e temo non sappia affatto cosa si intende per libero professionista. Per questi lavoratori, non avere un negozio aperto al pubblico dove, dico per esempio - ma solo per esempio - si vendono compatte digitali o si fanno stampe sui puzzle, ma si fanno - per esempio - fotografie su commissione, equivale a lavorare a nero. Non è ben chiara la distinzione fra negozio e studio. Tanto non lo capiscono che si intestardiscono a sprecare tempo su come ledere il lavoro o l'immagine del libero professionista piuttosto che investire su se stessi e la propria attività commerciale. Provo una profonda tristezza. Sincera. Il mondo del lavoro è cambiato. Ce l'hanno cambiato! e bisogna adattarsi, inventarsi, unirsi, formarsi. E' in atto una selezione naturale e il tempo darà ragione dei sopravvissuti. Io, che possa rientrare fra i (fotografi) sopravvissuti o meno, continuerò a fotografare. Insomma, ho bisogno di scrivere in qualche modo!

Ad arrivederci, sopravvisuti!

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