martedì 4 ottobre 2011

sveglio

non riesco a dormire. fra un paio d'ore diventa giorno e la pizza pesante di ieri sera non è la sola causa di questa insonnia. La dispepsia ha prodotto alcune riflessioni interessanti sulla giornata di ieri. Le fermo qui, nel blog dispensa. Non c'era un progetto per gli scatti di ieri, non un'idea da seguire, non una storia, niente vero. Niente. Il bisogno di scattare di qualche giorno fa si è trasformato in appetito, ho messo su una combinazione di abiti, persone, inquadrature e luci da fotografare per farne un test utile a commettere errori e scrivere come promemoria. Tra cambi di ottiche, luci flash e naturale, esterno e interno, mi sono mosso alla cazzo di cane. La scimmia bendata ha scattato pure qualche bella immagine. Domani (oggi?) li rivedo con calma. Ho impacchettato tutto in auto e stavo per andare via, non prima di aver salutato e ringraziato chi mi ha messo a disposizione i suoi spazi. Da quel momento e per la mezzora successiva la giornata ha avuto un senso.
Vito Maiullari è uno scultore. La prima volta che l'ho incontrato è stato ad aprile, già allora ne ho avuto una piacevole opinione e mi promisi di seguire un suo laboratorio per lavorare con la pietra. Pietra di cui lui ne è innamorato. Fuori dalla sua casa ci sono alcune suo opere imponenti: monoliti che suonano che fanno tanto Tibet, parallelepipedi scavati dove sedersi dentro e ascoltare il solo suono del proprio colpo, divani di pietra, e poi stelle enormi di metallo arrugginito, legno e marmo che si incastrano, sassi giganteschi a memoria del tempo, tavoli che non sono tavoli. La sua abitazione e laboratorio ha visto la presenza di telecamere della Rai, fotografi, designer, lui ne parla con lentezza, privo di quel meccanismo di attrazione che spesso rivolgiamo a queste figure altisonanti. Prima di uscire fuori al fresco serale della sua villa, nell'atelier, abbiamo parlato di idee, di come si traducono, lui della sua passione e io della mia, di come le due cose hanno elementi in comune. Mi ha mostrato come assaggiare il tempo, non metaforicamente. Ha rotto in due una pietra murgiana, piatta. La sezione, ha detto, ci rivela adesso la stratificazione e i sedimenti frutto di millenni: qui dentro c'è il tempo. Ha poggiato quel dentro alle labbra e sentito il sapore di quel tempo. Mi ha passato l'altra metà della pietra e in silenzio ho imitato il gesto. La lingua umida ha sentito il fresco. Assaggiare il tempo. La sua cultura della pietra è estesa, non solo come materia. Mi ha ricordato i miti legati alla pietra, la Medusa, Sisifo; le costruzioni offerte alle divinità fatte di pietra, i mestieri legati alla sua estrazione e lavorazione. Prima che lo lasciassi ha condiviso un pensiero che gli frulla nella testa da un po': fotografare il suono.

Non è solo a questo che penso ora. Mi ha stimolato altre idee, più semplici e vere di quelle che affollano la mia scatola dei progetti. Il rincorrere chimere va bene, nella praticità però mi scordo le cose che ho a disposizione, e sono tante. Nell'ultimo periodo mi accorgo di quanto spesso sono fortunato in questi incontri, li desidero, li cerco: voglio ascoltare!

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