venerdì 1 aprile 2011

Adele

Adele è comparsa qualche pomeriggio fa in studio, mentre sistemavo i libri conservati in soffitta sulla nuova libreria. Cercava un posto, un indirizzo. Poi con la semplicità che solo alcune persone hanno mi ha chiesto "che posto è questo?". Abbiamo passato il pomeriggio a chiacchierare. Gli ho preparato del té, ne ha preso solo una tazza ma si è finita i biscotti. Ero in una settimana di paranoia, di quelle pesanti; lei ha preso ha snocciolarmi storie del suo passato con imbarazzante confidenza. Intime.
Ero a disagio.
Mi ha parlato della sua cicatrice, da dove arriva, come ci convive. Ho iniziato ha provare un profondo fastidio: ero nel bel mezzo delle mie fisime mentali e non mi andava di sostituirle con fatti veri, reali, con cicatrici. Rivolevo le mie cazzate sull'essere in bolletta, ed il lavoro, i clienti, le delusioni, gli affanni, l'accomodante razionalità maschile.

...

L'ultima mezzora è stata come rotolare giù da una collina senza protezioni.

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domenica 20 marzo 2011

destabilizzato

Credo di non aver mai avuto così tanto timore della fotografia come ieri sera.

Mesi fa, sul suo blog, Toni Thorimbert suggeriva di non perdersi The September Issue. Di questi suggerimenti io mi fido.
Mi è arrivato in settimana insieme ad altra roba dell'ultima wishlist e ieri sera me lo sono visto.
Anna Wintour non sapevo nemmeno chi fosse e il regista R. J. Cutler ha realizzato un documentario accattivante anche se ci metto un briciolo di discutibilità.
Perché timore?

Primo
Spesso si perdono le proporzioni di quello che si vuole fare e con chi bisogna avere accheffare. Sto scoprendo in questo periodo il termine bocciare. Onestamente, sono sempre stato un secchione (inconsapevole) e non ne sono abituato. La Wintour ieri bocciava con una freddezza impressionante, lo stesso è accaduto recentemente per alcune mie immagini o esposizioni di idee (non dalla Wintour, naturalmente).
Quelli con il talento vero si contano, il resto è massa coi suoi microinsiemi.
A voler sentirsi artisti a tutti i costi ci si può far male, e ammettendo di esserlo veramente siamo soggetti a promozioni e bocciature comunque, vuoi per gusto della clientela, vuoi per cultura, momento storico o tendenze, vuoi per incontri fortunati o sfortunati, vuoi per alchimie caratteriali dei nostri giudici. Sempre ieri, in altri due momenti diversi della giornata mi sono imbattuto in conversazioni simili tra loro: sta cambiando il processo relazionale. Ci interfacciamo agli altri sempre meno in maniera diretta affidandoci a macchine elettroniche: parliamo con gli sms, le mail, i blog; prepariamo progetti fotografici per raccontare/rci. La mia scatolina delle idee si sta riempiendo in maniera esponenziale di schizzi e progetti in questo periodo, mi sento molto ispirato creativamente ma bloccato nella pratica.
Non è più solo un problema di fare o non fare, preciso: di poter o non poter fare, si tratta adesso di accettare l'industria fotografica nella sua totalità. Significa essere Anna Wintour di me stesso - ho iniziato stanotte, avendo con lei una fitta conversazione in inglese, lode ai sogni! - significa accettare le regole anche discriminanti del mercato oppure scendere da questa folle giostra se mi spaventa ferirmi. Non ho ancora i ginocchi sbucciati, segno che posso andare ancora avanti.

Secondo
In The September Issue è accecante anche per una talpa il concetto di Progetto. Nella testolina della Wintour c'è una direzione precisa. Non mi spiegherei i suoi silenzi o didascalici si-no sulle selezioni delle foto, o la cinica cattiveria con cui tratta la sua direttrice creativa Grace Coddington e tutto il team per spremerli sul piano emotivo al fine di indirizzarli verso la sua visione della cosa, la distillata capacità di portare sullo stesso piano grandi firma della moda e della fotografia ed incutere loro rispetto. La guida di un progetto non può trascendere dal servirsi dei giusti collaboratori. E quale progetto più importante della nostra attività, lo studio che porta il mio nome. Ho tolto tempo alla ricerca di nuovi clienti in favore della formazione di una squadra che risulti professionale.
Sono diventato più esegente. Lo vedo perché cresce la responsabilità con cui mi presento al committtente. La superficialità di un collaboratore la mal digerisco se perpetuata per due volte. Sto cercando fra i giovani, quelli che parlano i nuovi linguaggi, i freschi, i non domati dal sistema, lasciandoli liberi nello spirito ma sotto le regole dello stesso progetto.

Da ragazzino quando mi inventavo i giochi per passare i pomeriggi, tra questi c'era quello di piegare una gamba indietro fino a toccare con il piede il sedere, girare una corda arrangiata su coscia e caviglia e camminare con l'altra sola gamba. Non sono cresciuto sano, ma se ogni volta che mi destabilizzo reimparo a camminare forse lo devo anche a quei giochi.

The September Issue io lo trovato qui ad un prezzo che non gli rende merito.
Alcuni dei nomi citati nel video mi erano meno sconosciuti perché scoperti qualche tempo fa su Art + Commerce: c'è di che leccarsi le dite.

martedì 15 marzo 2011

march 11, 2011

La mattina del 6 aprile del 2009 ero in macchina e stavo andando a consegnare un lavoro ad una azienda. Avevo pressapoco 90 chilometri da fare ma me la godevo perché potevo ascoltare la radio di prima mattina. C'era un tono strano nella trasmissione, nei conduttori. Stavo facendo uno sforzo di memoria per recordarmi il nome della trattoria di quel paesino dove avevo mangiato bene più di un decennio addietro, dove non sarebbe stato male fermarmi a pranzo e godermela alla Montalbano

La Terra ha urlato e ha preso L'Aquila.

Nella successiva mezzora ho pensato seriamente di:
- chiamare il cliente e con una scusa annullare
- calcolare entro quante ore potevo raggiungere in macchina L'Aquila
- quali obiettivi potevano servirmi e tornare a prenderli
- dire o meno in giro che cazzo stavo pensando di fare

Alle undici ero di ritorno, l'autoradio esageratamente pompato per seguire ogni notiziario, un cliente soddisfatto, la valle d'Itria assolata.
E' stata la prima volta che ho dovuto resistere alla tentazione di voler documentare fotograficamente un dramma. La voglia di partire era sempre presente, anche nei giorni successivi, mi tratteneva solo quel buon senso richiamato dagli speaker a non raggiungere i luoghi colpiti se non per assoluta necessità.
La mia era solo una smania travestita da curiosità e spacciata per buone intenzioni. non è più ricapitato.
Qualche giorno dopo, su un mio vecchio blog, scrissi questo:

venerdì 10 aprile 2009
Foto ricordo
Deve essere per una sorta di deformazione professionale, ma mi viene da pensare alle fotografie. Stanno celebrando i funerali dei caduti del terremoto in Abruzzo. 
Ho legato la mia vita alle cose terrene, da sempre. Sono la testimonianza del mio esserci stato. Poi ho deciso di fare il fotografo, perché pensavo, penso, sia bello aiutare la memoria a ricordare, una memoria che sempre più spesso tende a dimenticare o a rimuovere. Il passaggio di un'esistenza racchiusa in un foglio di carta. Assurdo come diamo valore alle cose. 
Molto è andato distrutto nel terremoto; a ciò che è visibile, materiale, si aggiunge ciò che invisibile, il dolore. Pensavo alle foto allora...Cosa metteranno vicino alle lapide dei morti? Dove troveranno le foto? Quanti di quelli sopravvisuti, che hanno bisogno di un volto da guardare per reggersi, anche se di carta, troverranno conforto? 
Una volta, ai funerali di mia nonna, mio padre tirò fuori delle caramelle alla menta in un momento che mi sembrava fuori luogo. Un'azione banale che distolse l'attenzione di molti e alleggerì il clima di pianto. Non ho capito per molto tempo...
Una foto ricordo è come una caramella alla menta, o come un appiglio quando sei in mezzo alla tempesta: non sai per quanto tempo ti reggerà, ma ti avrà salvato per un attimo in più.

Penso molto al Giappone questi giorni, come molti. Pur non essendoci stato ne sono legato, attratto. E' nella wishlist dei viaggi, secondo dopo l'Australia.
Non ho replicato l'insana tendenza a voler partire per ovvie ragioni logistiche/economiche. Poi sono più vecchio di due anni, deve pur significare qualcosa.
Il tg manda a fine servizio le "spettacolari immagini" che arrivano dai luoghi colpiti. Sono tutte fotografie, scattate da reporter di professione.
Sto ancora pranzando mentre vanno in slide le macerie, i bimbi nascosti sotto i banchi, gli anziani nel loro dignitoso silenzio, il fango, gli estratti vivi, gli SOS di fortuna, e quella foto, sepolta per metà nella melma.

domenica 13 marzo 2011

sweater project



Quelli di photographer.it hanno pensato bene che il mio lavoro sweater project valesse una visibilità maggiore e l'hanno pubblicato su quotidiano.net
Non sono qui a fare capriole di gioia ma a ringraziare con rispetto questa loro scelta. Se vi incuriosisce il mio progetto visitatelo qui, diversamente suggerisco di dare una visione ai due link sopra, si può sempre trovare quel che si cercava nei posti meno sospetti.

sabato 26 febbraio 2011

Branà backstage #1

Sta per concludersi il lavoro con Michele, il parrucchiere; un ultimo set e poi in post per quello che chiamo refine. Pubblico qui alcune foto di backstage; la serie è più ampia, forse ci sarà un #2 o un video di raccolta, non so ancora.



Flavio looks hair cut



Miriam dress test. It's her first time on photo set



Miriam after make up. Michele checks the dress.



Francesco, Michele's assistent.



Francesco takes care of model's hair.



Michele, the model, waits his turn.



Michele arranges Annalisa's hair.



Annalisa looks me.



Michele and Tiziana control Jenny's make up.



Michele's tatoo.

mercoledì 16 febbraio 2011

Io, robot


flavio, me, francesco


E' in corso un lavoro per un amico parrucchiere; deve partire per gli States e presenterà un portfolio: se gli va bene ci resta a lavorare - figo per lui.
La cosa bella è che stiamo collaborando in tre, lui ai capelli, ci sa fare davvero ed è un ospite eccezionale, Tiziana che supervisiona al make-up e a cui da parecchio faccio da cavia per il suo e mio divertimento, ed io. Una bella squadra, mi piace e mi piace come insieme stiamo dando il meglio di quello che sappiamo fare. Ho molto spazio a disposizione, nel senso che ho molta libertà con le luci e il mood, mi aiuta molto a sperimentare e vedo che trova il consenso degli altri, o comunque alla base di tutto c'è che si fidano. In una degli ultimi set, mentre si guardava insieme ai modelli il lavoro, qualcuno tra i presenti ha commentato il mio modo di lavorare definendomi determinato. Ho accolto imbarazzato e ringraziando. La persona in questione deve aver avvertito qualcosa e ha subito dato spiegazione.
Sai quello che vuoi, sei perfezionista, sai farti seguire, e crei un buon clima di lavoro.
Diavolo, ho pensato, tutta sta roba per me?
Le frasi acute stanno a me come l'erba alle mucche: digestione lentissima. Così le ho rigurgitate dopo qualche giorno e analizzate. Ci sono cose che adesso conosco che un decennio fa nemmeno immaginavo. Ricordo la prima volta che andai al photoshow a Roma. Calca davanti ad uno stand per fotografare la gnocca sulla moto. Non ne sono stato immune e cerco di farmi spazio con dei mi scusi, perfavore, posso, mi perdoni…
Non mi cagava nessuno, mentre affondavo nella mischia mi rendevo conto che non sarei riuscito a fare una sola foto.
Lezione n°1: vuoi spazio? createlo!
Sono arrivato in prima fila senza violare la prima legge della robotica. Nel recente passato ho rivissuto una cosa simile, da un'altra angolazione. C'era da fotografare un evento in mezzo a un sacco di persone, pochi fotografi in un angolo riservato agli scatti. Nel casino degli otturatori e flash in sballo mi sento picchiettare delicatamente sulla spalla, mi giro e vedo una con macchina fotografica a seguito che timidamente mi dice che non riesce a fotografare perché le sono davanti. Terza legge della robotica, ma quella non l'ha capita e allora le ho afferrato il braccio e messa davanti a tutti.
Lezione n°2: a gratis non esiste, devi farti il mazzo.
Inizio a provare qualche fastidio quando sento abusare della frase che non è necessaria una sofisticata attrezzatura per fare le buone foto. Grazie, lo so. Ma parliamo del mestiere del fotografo e non dell'hobby del fotografo. Ad evere le luci giuste, lo spazio giusto, la macchina e gli obiettivi giusti vuoi mettere il risparmio in termini di tempo? C'è anche una responsabilità in termini di immagine nei confronti di un cliente e non mi posso presentare a fare foto di architettura con un 18/55 da 40 euro. Mi sono imbattuto un cinque anni fa in un dialogo surreale con un altro fotografo, di quelli tristi e ossessionati dai segreti. La mia amica partecipa ad una corsa notturna e le dico che vado a farle delle foto all'arrivo. Non mi limito a fotografare lei ma mi viene la scimmia del reportage. Sono lì con reflex e flash quando mi si avvicina il tipo che per inciso mi fa: Chi ti ha chiamato? Lo guardo, so chi è, magari lui non conosce me, ha una compatta da 150 euro fra le mani. Mi ha chiamato Giuliana, hai presente? Non gli dico questo, sto ancora pensando alla risposta quando lui continua: No perché qua io sono il fotografo ufficiale e se questi hanno chiamato un'altro ora mi sentono.
Ma come la circoscrivi alle macchine fotografiche una manifestazione in aperta campagna, dove chiunque può fotografare le sorelle, i padri, fidanzati e amanti? E un fotografi ufficiale si presenta con una compatta al lavoro, quando anche il più sfigato dei fotoamatori va in giro con arsenali da combattimento. L'apice dell' idiozia avviene quando borbottando cavalca il suo scooter, fa per andar via quando invece si sposta dieci metri avanti a me, convinto di dover essere lui il primo a fare lo scatto e ancora più assurdo convinto di inquinarmi l'inquadratura con la sua presenza.
Lezionen°3: l'abito non fa il monaco ma dall'abito capisci se uno è monaco oppure no.
La buona attrezzatura, come il vestirsi adeguato davanti ad un cliente, parlare in maniera educata, fanno il vestito che ti permette di dare agli altri la prima impressione su di te. Una volta mi hanno preso per fotografo accreditato ad un evento blindato solo perché il tipo alla transenna mi ha visto arrivare con due corpi, un tele da stadio, flash, zaino e cavalletto in mano, a avevo tutto in vista apposta per darmi arie.
Ho capito il senso del determinato. In questi anni l'apprendimento su campo sta rendendomi quello che gli altri vedono di me: uno che si impegna, che non è solo uno con la macchina fotografica. Ed io scorgo i segni di questo autoapprendimento.

Ps. citando Io, robot nel titolo mi riferisco al genio di Asimov, quello con Will Smith vale solo come blockbuster.

giovedì 3 febbraio 2011

Il piacere dell'onestà



Avendo la fortuna di vivere una parte del mondo teatrale mi sono imbattuto anni addietro negli scritti di Pirandello e amici che hanno studiato per davvero - io no, io sono un piccolo analfabeta - mi hanno svelato la genialità di quest'uomo. Ricordo, durante un laboratorio per alcuni corsisti dove ogni tanto mi intrufolavo per sana curiosità, di essermi arreso alla voglia di partecipare alle lezioni di un gruppo perché si stava facendo lo studio del testo su "Il piacere dell'onestà" di Pirandello.
Da un mese quelle lezioni mi sono tornate alla mente; sono riemersi i personaggi, i concetti e la responsabilità del ruolo, sia esso in una finzione che nella vita reale.

La storia per intero non la racconto, mi provoca nausea.
Mesi addietro feci un servizio per della gente, mi fidai e commisi due leggerezze non da poco. Evitai in seguito ogni contatto perché irritato e rattristato da comportamenti superficiali, biechi. Non rientro nella categoria di quelli che fregano gli altri, non lo so fare, ci ho provato da ragazzino ma mi vergognavo e mi scoprivano. A onor della mia onestà, o se vogliamo professionalità, consegnai tutti gli scatti pur potendomi trattenere molte immagini, non lo avrebbe scoperto nessuno.
Lo scorso capodanno, a quattro ore dai botti, un amico mi mostra una rivista e mi fa notare i miei scatti, tratti da quel servizio, che pubblicizzano tre attività commerciali diverse.
Mai autorizzato.
Mi si aggroviglia la bile e non riesco a imprecare perché non so quale parolaccia scegliere. Maledetti, non mi hanno pagato e si vendono pure le immagini. Quando vado dall'avvocato siamo al tre gennaio. La faccenda pare non facile e da un mese ci si lavora su fra tentativi di incontro, lettere, invii di documenti. L'altra sera ne arriva uno. Il mio avvocato mi fa: "Se questo lo denunci si va al penale perché la cosa è grave, parliamo di perizie, tempi lunghi, energie, denaro, con un punto interrogativo sull'esito. Te la senti?"
Non la combatto una guerra del cazzo. Questi mi fanno schifo adesso. Sono un fotografo e le mie energie le dedico a fare foto.
Gli inganni per denaro mi disgustano e questa storia mi ha reso più diffidente, ma continuo a stare da questa parte della barricata, fra quelli che magari li si può raggirare, gli educati, i senza malizia. Che se la godano la loro furbizia, non sarò povero per questo e non ci sarà ricchezza per loro.

Viva Baldovino!

martedì 25 gennaio 2011

Anna e Francesca

Era mezzanotte passata quando ieri ho finito di leggere il libro.

Mi sono raffreddato, niente di che, ma da due giorni ho quella voglia di fare nulla come alleato del virus. Avevo gli occhi stanchi di giornata, la fronte pulsante a furia di tirar su col naso e una voglia calda di letto e sonno. Ma mancavano le ultime 70 pagine. Le ultime pagine in un libro sono tutto. E' il congedo. Quelle persone che hai conosciuto e che non esistono stanno per andare via. Perciò mi sono abbandonato al rito delle ultime pagine.
Ogni volta che finisco rimango sospeso. Provo tristezza, ieri mi sono ricacciato le lacrime in gola perché non ci si può commuovere da raffreddati: troppo muco da gestire. Poi passa la sospensione, chiudo il libro, mi concentro su un rumore vero e riemergo da matrix.
Le immagini rimango per un po', possono durare giorni. La mia mente ha girato il film di quello che ho letto e me ne mostra i fotogrammi.
Ecco.
Sono punto e capo. Fotogrammi. Fotografia.

Sto perdendo un po' il punto di vista. C'è una così tale sovrabbondanza di input a cui rispondere e dare un senso che lentamente si smette di guardare quello che abbiamo intorno. E l'universo intorno ce l'abbiamo tutti. Non mi ricordo l'ultima volta che ho guardato la luna piena, da quando non guardo le stelle, non ricordo più le mani di mia madre, di mio padre, non vedo i cambiamenti nelle mie sorelle, quelle dei nipoti che crescono, non saprei descrivere la forma delle piante grasse che ho in studio, i colori dei vestiti delle persone con cui ho parlato oggi, la faccia del corriere che mi ha consegnato il pacco, l'espressione dell'anziano fuori l'ospizio che fumava appoggiato al muro di casa, la geometria che fa l'aiuola qui a piazza Santa Teresa dove passo ogni giorno…
Il fotogramma finale del libro mi ha costretto a riguardare nel mirino, a soffermarmi sulle cose e osservarle. Come si fa qua si deve scattare una fotografia.


Silvia Avallone - Acciaio
della Rizzoli

giovedì 6 gennaio 2011

Su "Niente di personale"

Arrivo in ritardo a comunicare una mostra presente su facebook da parte di un amico: è solo colpa mia.
Giuseppe è un operatore video, in alcune occasioni abbiamo lavorato insieme ed è una persona a modo. E' astemio, fa bene il suo lavoro, sa farsi voler bene dai bambini. Non conoscevo il suo aspetto fotografico ed è stata una bella scoperta.
Non ho molto da dire, sarebbe opportune che vedeste le sue immagine, scattate in uno dei suoi viaggi in Mozambico. A marzo ci ritorna, insieme al gruppo di cui penso faccia parte.
Se non avessi due date che mi impegnano in quel periodo sarei partito con lui.
Trovate la gallery qui, entro domani dovrebbe essere tolta.

mercoledì 5 gennaio 2011

E sia la luce!



Mentre uscivo stamattina cazzeggiavo con la mente alle date: Quest'anno quella del mio compleanno ad esempio avrà una simbologia emblematica: 20.11.2011
Ho varcato la soglia del nuovo anno consegnando un 2010 apprezzabile nella sua totalità. I buoni propositi non li stilo più perché tanto falliscono miseramente: meglio imporsi delle scadenze. Cosa che ho fatto a metà dello scorso settembre. Mi dissi che entro la fine del 2010 avrei dovuto imparare ad usare dreamweaver e prepararmi il sito nella sua nuova veste grafica. Di codici e linguaggi di programmazione non ci ho mai capito nulla, motivo per cui in passato ho sempre abbandonato l'idea . Ma i quindicenni che tracannano birre accanto a te mentre discorrono di tutto l'universo informatico - creazione di siti con dreamweaver compreso - è dura da digerire per chi ha un tasso "orgoglico" nel sangue al di sopra della media.
Sull'amata rete rintracciai un sito di video tutorial molto bel fatti, trovate tutto qui, suddivisi per tipologia di software di casa Adobe, insiame a molto altro. Così sono iniziate le nottati su css e compagnia bella. Avevo un'idea precisa di cosa volevo: essenzialità. Ho finito in tempo, anche se non ho ottenuto tutto quello che volevo perché c'è un mare di roba da sapere e il cervello mi fuma troppo. Questi giorni l'ho testato, corretto, ridimensionato ed ora è . Sia chiaro che non metterò in curriculum la voce web designer, ho seguito le molliche di pane senza alzare lo sguardo e non saprei rifarlo per altri dando un nome ad ogni cosa.
In contemporanea ho preparato il nuovo portfolio stile digital magazine ma è in fase di supervisione, voglio lavorarci ancora perché sarà caricato sul sito con possibilità di scaricarlo gratuitamente.
Un disavventura accadutami questi giorni non mi sta facendo godere questo momento positivo di fermento. Ci saranno sviluppi e avrò modo di riportarlo qui.
Se c'è ancora del cazzeggio post natalizio in voi, girate dalle parti del sito per vedere se tutto è ok, pagine, collegamenti, e datemi la buona notizia di non aver buttato via tre mesi.