martedì 21 settembre 2010

braces



Comprai delle bretelle la scorsa settimana. Erano le nove di sera e i negozi stavano chiudendo. Poi me ne andai in studio, misi su una playlist, quelle che vanno bene col vino e i ricordi, e le indossai.

venerdì 10 settembre 2010

Sul tentare, fallire e giudicare.

La scorsa settimana c'è stato uno di quei vuoti cosmici nel flusso della giornata lavorativa, una mattinata da riempire. Sono andato verso lo studio con l'intenzione di ricreare uno scatto di William van der Steen visto mesi fa in un suo tutorial e che durante la notte è riapparso suggerendomi varianti creative, le quali varianti però avrebbero richiesto più tempo di quello che potevo dedicare quella mattina. Studio allora.

Lo scatto non presentava apparenti difficoltà, pochi tocchi di photoshop e l'idea materializzata nella mia mente aveva anche un senso. Ho comprato dal fruttivendolo il casco di banane che mi servivano, le ho scelte con attenzione trattenendomi dal rispondere al venditore che insisteva sulla bontà del frutto, e spiedini e stuzzicadenti dal minimarket.
Dopo la prima ora passata a cercare di far stare ferme le rondelle di banane nello spiedo ho capito che:

1 esiste la legge di gravità
2 le banane sono umide
3 gli stuzzicadenti possono pungere
4 mi impegnerò a non pensare più "è facile, che ci vuole"
5 posso ritornare a mangiare le banane

Dico questo perché una volta tagliate le rondelle a banana sbucciata dovevo inserire lo spiedino, operazione riuscitissima fino a quando non ho sollevato il tutto per sistemarlo sul set. Le rondelle, ben equidistanti, hanno preso a scivolare lentissimamente verso la base. Al mio tentativo di risistemarle l'hanno rifatto. Ormai il foro di origine dello spiedo si era allargato. E' seguita una serie nuova di fori con conseguente rotazione delle rondelle sull'asse spiedo, con tanti saluti all'allineamento, e l'inserimento di un secondo stuzzicadenti per rondella.
La scena successiva e di me che mi sto mangiando la banana suddetta e ad oggi non si è ancora vendicata col mio stomaco. Ci ho riprovato, tanto avevo cinque tentativi.
Il risultato migliore è quello qui sotto.



Lo scatto è il raw uscito dalla macchina. In post produzione ho assegnato il profilo fotocamera - avevo fatto una foto con il color checker prima - e aperto il file in photoshop.
Il passo successivo è stato pulire gli spiedini, ridare distanza alle rondelle e rifinire i toni. Per controllare che non ci fossero macchie impercettibili sullo sfondo ho creato un livello regolazioni dei Livelli e abbassato i medi. Ho scoperto macchie sul cartoncino e altre dovute al ritocco. Finita la pulizia il livello non mi serviva più.



Mettendo accanto le due immagini, quella di van der Steen e la mia, anche mia nipotina che stravede per me sceglierebbe la prima. Ho segnato i punti che ritengo essere motivo di un'immagine sbagliata.



Nell'immagine di van der Steen la buccia visibile non tocca il limbo, rendendo la banana stessa più leggera, diversamente dalla mia, che con i lembi della buccia in quel modo dà più un senso di appoggio, di fatica.
Le rondelle della prima immagine seppure non equidistanti mostrano una traiettoria precisa, una curva che non aggredisce, che spiega bene l"esplosione", cosa che non vedo nella mia, dove le rondelle si mostrano incerte su dove andare e quale profilo mostrare.
Il terzo aspetto penso sia il più importante: la mia immagine è volgare. Proprio a causa di una iperbole disordinata, di una sommità che punta in alto, l'associazione a stereotipi fallici viene facile. Quando me ne sono reso conto ho provato a far cambiare direzione alla punta col risultato di accentuare ancora di più quel concetto.
Devo però dire che non sono mai partito con l'idea di fare una copia perfetta della foto di van der Steen. Il risultato che ho ottenuto si sintetizza come ben disse Thomas Edison davanti ad un suo ennesimo tentativo andato a male:
Non ho fallito! Ho scoperto un altro modo per non raggiungere la meta.

Se a qualcuno vien da dire cos'altro nel mio scatto gli suggerisce l'idea di sbagliato, può condividerlo.

venerdì 3 settembre 2010

Lettera a me stesso

Mio caro, sono circa un paio di giorni che ti trascini un umore di quelli che pensavo facessero parte di quegli anni in cui pensavi di non essere in grado di fare un cazzo e che ti hanno fatto perdere giorni di entusiasmo e scavato i segni di quelle rughe che adesso inizianoa venir fuori. Il perché io lo so, diciamo che anche tu lo sai ma ci stai girando intorno e non lo vuoi dire apertamente. Ma visto che mi hai tirato in mezzo, facciamo questo partita a due e vediamo quello che ne esce. Comincio io...
sul voler andartene mi sembra sia la stessa storia, va bene qualche cosa è cambiato ma il nocciolo resta lo stesso. Quello che ti ttattiene non sono i legami e lo sappiamo, la situazione a casa non è un legame ma una scusa alla tua paura, ti ricordo che avevi la stessa paura quando dovevi lasciare il lvoro per fare il fotografo e non sapevi come dirlo e quali reazioni avrebbe portato. Sei rimasto quasi deluso che non è accaduto nulla. Vuoi paetire? parti allora, pianifica, informati, scegli ma non torturarmi più con questa storia dei legami. Problema dei soldi? Vent'anni di officina ti sono bastati a renderti capace a raccogliere anche gli escrementi delle formiche, semmai ci fosse bisogno di un lavoro del genere lo puoi fare, e non è che raccogliere escrementi deve poi diventare il tuo lavoro,: abbiamo parlato di trovare soldi per vivere. Sulla creatività. Daccordo qui il discorso è più complicato nel senso che che è talmente una cazzata che non so spiegartelo. Ti ritieni creativo? se si cosa ti manca? attrezzature? spazi? modelli? se pensi che sia questo allora non sei creativo e fattatene una ragione vediamo come risolvere. un suggerimento: inizia da qualcosa che già esiste e reinterpretalo, guarda che non è reato, non è vero che oggi vale solo l'idea figa, questa cavolo di accellerazione delle cose, del tutto bello, di volersi distinguere ci sta facendo perdere il sonno. Ad arrovellarti il cervelllo a trovare lo scatto giusto ti stai perdendo anche quello a portata di mano.
La lingua. L'anno scorso in spagna, un posto di cui non conoscevi la lingua, ti sei fatto 1300 km in macchina da solo, hai prenotato stanze in una lingua che non conosci, hai mngiato chiedendo cibo in un lingua che non conosci, chiesto informazioni in una lingua che non conoscie e porca puttana ci sei stato due settimane e sei sopravvisuto. Ora, ottobre è un anno che studi inglese. Rispetto allo spagnolo che era zero mi sembra che con l'inglese almeno a uno ci sei. Ma tanto non è uno, è di più ma vuoi un po' di coccole. Vaffanculo!
Dopo i legami, i soldi, la lingua a me sembra che argomenti forti con cui controbbattere non te ne sono rimasti molti.
Se poi il rumore di fondo che senti non è solo il voler andare allora deciditi anche su quell'altra cosa, che tanto anche lì sono solo motivi di comodo che hai. Non ho nient'altro da dire. Fammi una cortesia: fatti una risata e la prossima volta fa che ci sia una ragione seria.
Ah, se rileggi o sposti una virgola di tutto questo non ha proprio senso risentirci.