martedì 24 giugno 2014

quell'insostenibile peso dell'essere

Degli ultimi mesi, il peso, ha una gravità pari al ricordo. Non pretendo di essere capito, ascoltato poi! c'è di meglio da fare... Così qui faccio della scrittura le pagine di un album di fotografie da rivedere.

Ha la formalità di una istantanea fatta col telefonino la prima immagine: sembra chiara e al tempo stesso manca di dettagli, soffoca di grana, include il fatto ma non spiega il come. Il furto subito a casa a marzo è questo! Ti chiamano che sei da un'altra parte, nel tragitto speri che non ti abbiano portato via quello che sai possono averti portato via e che quando sei lì, è violento comunque, si sono portati via. Hanno messo sottosopra tutto, cercavano soldi (continuo a pensarlo) ma non ce ne sono e allora portiamoci via tutta sta roba di macchine fotografiche e ce le rivendiamo. Ho pianto in macchina, ancor prima di arrivare a vedere che era così. La foto è fredda, didascalica, ci mancano solo i numerini della scientifica a segnalare un bossolo e sarebbe da apprezzare. Eppure la scatto, stordito. Mi dico che sto perdendo la memoria e che una traccia la voglio conservare. E non è la traccia di quello che vedo: ho imprigionato il passaggio delle persone che sono entrate. Sono lì, non loro ma la loro azione: nessuno può dire che non è accaduto. Sono vivi, o morti, per sempre in questa foto. Mi lasciano la forma ammucchiata dei vestiti per terra e c'è quest'assurda composizione, come di uno disteso su un fianco, appoggiato su un altro corpo, a cui hanno rubato via proprio il corpo.


La seconda foto promette tempo e nostalgia. E pesano entrambi. Mi ricorda che dovrò viaggiare spesso, in solitudine. Il filtro di un vetro a proteggere quando è necessario proteggersi, ad essere abbassato quando si ha voglia di vento. Questa foto suona di playlist, di voci umane che fanno da tappeto, di stagioni che ti cambiano il paesaggio. Sa di un posto da raggiungere. Nel tempo.


Da bambino gli ospedali avevano un odore preciso, come adesso, ma non è più lo stesso. Scatto la foto ma non lo catturo l'odore del disinfettante, del tutto disinfettato. Il sole arriva dalla finestra: è quello basso di un tramonto. Mi fa macchie precise di luce e ombra. Gli altri quattro ospedali precedenti erano più vecchi, consumati di vissuto: questo promette nuovo e sempre pulito, c'è pure un adesivo con illustrazioni che ti spiega come vanno lavate le mani. C'è da aspettare, come se fosse novità: come me lo ricordo bene questo peso dell'attesa! Papà si è infilato nel letto, si stanca a stare in piedi. Da qui, io, lo vedo riflesso nel codice del suo foglio clinico.






La mostra è andata bene. Arrivarci è stata la fatica da superare. Dietro il progetto Adamo Eva c'è tutto l'invisibile che non riesci a mostrare, quello che si nasconde, che sfugge, che appartiene solo ai protagonisti. Ci sono le scelte, le responsabilità, la ricerca e la rinuncia; il lavoro. L'andare avanti. Quando realizzai le foto, un anno fa, mancavano di vita. I fatti, le difficoltà, i disagi, le paure, le promesse, la stanchezza, la forza, le hanno rese più vive. Ma anche questo forse resterà tra le righe, fra quegli spazi neri fra una foto e l'altra, che non dicono nulla, ma quel nulla regge il visibile. Sono dentro questo Adamo più di quanto immaginassi, e mi piace!



Questa foto è il mio promemoria personale sul cammino fotografico. Pensare di poter avere già tutto quello che mi serve è un'illusione.Una macchina fotografica così piccola l'hanno veramente costruita, dentro ci ho trovanto anche un mini rullino: le foto le faceva! Qualche giorno fa ho letto che siamo lontani da quello che si faceva una volta in bottega: prima si aveva creatività e dovevi lavorare per affinare le tecniche, impiegando anni. Ora siamo già da subito tutti tecnicizzati, esperti smanettoni in overdose da tutorial. Ma ci mancano le idee! i plug in sono la nuova grammatica confezionata facile da parlare e da imparare. Ci manca essere autentici, singolarità. Osare l'ebrezza del non essere nessuno per essere qualcuno. Essere uno.

 
L'ultima foto è uno specchio. Il problema è che funziona solo con me. Per voi altri, è solo un'altro selfie. Eppure provateci a guardarvi da una fotografia, chissà che non accada la stessa cosa!