flavio, me, francescoE' in corso un lavoro per un amico parrucchiere; deve partire per gli States e presenterà un portfolio: se gli va bene ci resta a lavorare - figo per lui.
La cosa bella è che stiamo collaborando in tre, lui ai capelli, ci sa fare davvero ed è un ospite eccezionale, Tiziana che supervisiona al make-up e a cui da parecchio faccio da cavia per il suo e mio divertimento, ed io. Una bella squadra, mi piace e mi piace come insieme stiamo dando il meglio di quello che sappiamo fare. Ho molto spazio a disposizione, nel senso che ho molta libertà con le luci e il mood, mi aiuta molto a sperimentare e vedo che trova il consenso degli altri, o comunque alla base di tutto c'è che si fidano. In una degli ultimi set, mentre si guardava insieme ai modelli il lavoro, qualcuno tra i presenti ha commentato il mio modo di lavorare definendomi determinato. Ho accolto imbarazzato e ringraziando. La persona in questione deve aver avvertito qualcosa e ha subito dato spiegazione.
Sai quello che vuoi, sei perfezionista, sai farti seguire, e crei un buon clima di lavoro.
Diavolo, ho pensato, tutta sta roba per me?
Le frasi acute stanno a me come l'erba alle mucche: digestione lentissima. Così le ho rigurgitate dopo qualche giorno e analizzate. Ci sono cose che adesso conosco che un decennio fa nemmeno immaginavo. Ricordo la prima volta che andai al photoshow a Roma. Calca davanti ad uno stand per fotografare la gnocca sulla moto. Non ne sono stato immune e cerco di farmi spazio con dei mi scusi, perfavore, posso, mi perdoni…
Non mi cagava nessuno, mentre affondavo nella mischia mi rendevo conto che non sarei riuscito a fare una sola foto.
Lezione n°1: vuoi spazio? createlo!
Sono arrivato in prima fila senza violare la prima legge della robotica. Nel recente passato ho rivissuto una cosa simile, da un'altra angolazione. C'era da fotografare un evento in mezzo a un sacco di persone, pochi fotografi in un angolo riservato agli scatti. Nel casino degli otturatori e flash in sballo mi sento picchiettare delicatamente sulla spalla, mi giro e vedo una con macchina fotografica a seguito che timidamente mi dice che non riesce a fotografare perché le sono davanti. Terza legge della robotica, ma quella non l'ha capita e allora le ho afferrato il braccio e messa davanti a tutti.
Lezione n°2: a gratis non esiste, devi farti il mazzo.
Inizio a provare qualche fastidio quando sento abusare della frase che non è necessaria una sofisticata attrezzatura per fare le buone foto. Grazie, lo so. Ma parliamo del mestiere del fotografo e non dell'hobby del fotografo. Ad evere le luci giuste, lo spazio giusto, la macchina e gli obiettivi giusti vuoi mettere il risparmio in termini di tempo? C'è anche una responsabilità in termini di immagine nei confronti di un cliente e non mi posso presentare a fare foto di architettura con un 18/55 da 40 euro. Mi sono imbattuto un cinque anni fa in un dialogo surreale con un altro fotografo, di quelli tristi e ossessionati dai segreti. La mia amica partecipa ad una corsa notturna e le dico che vado a farle delle foto all'arrivo. Non mi limito a fotografare lei ma mi viene la scimmia del reportage. Sono lì con reflex e flash quando mi si avvicina il tipo che per inciso mi fa: Chi ti ha chiamato? Lo guardo, so chi è, magari lui non conosce me, ha una compatta da 150 euro fra le mani. Mi ha chiamato Giuliana, hai presente? Non gli dico questo, sto ancora pensando alla risposta quando lui continua: No perché qua io sono il fotografo ufficiale e se questi hanno chiamato un'altro ora mi sentono.
Ma come la circoscrivi alle macchine fotografiche una manifestazione in aperta campagna, dove chiunque può fotografare le sorelle, i padri, fidanzati e amanti? E un fotografi ufficiale si presenta con una compatta al lavoro, quando anche il più sfigato dei fotoamatori va in giro con arsenali da combattimento. L'apice dell' idiozia avviene quando borbottando cavalca il suo scooter, fa per andar via quando invece si sposta dieci metri avanti a me, convinto di dover essere lui il primo a fare lo scatto e ancora più assurdo convinto di inquinarmi l'inquadratura con la sua presenza.
Lezionen°3: l'abito non fa il monaco ma dall'abito capisci se uno è monaco oppure no.
La buona attrezzatura, come il vestirsi adeguato davanti ad un cliente, parlare in maniera educata, fanno il vestito che ti permette di dare agli altri la prima impressione su di te. Una volta mi hanno preso per fotografo accreditato ad un evento blindato solo perché il tipo alla transenna mi ha visto arrivare con due corpi, un tele da stadio, flash, zaino e cavalletto in mano, a avevo tutto in vista apposta per darmi arie.
Ho capito il senso del determinato. In questi anni l'apprendimento su campo sta rendendomi quello che gli altri vedono di me: uno che si impegna, che non è solo uno con la macchina fotografica. Ed io scorgo i segni di questo autoapprendimento.
Ps. citando Io, robot nel titolo mi riferisco al genio di Asimov, quello con Will Smith vale solo come blockbuster.